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L'intervista

Andrea Scanzi a ruota libera da Meloni a Sinner. Le cose che contano: "Salute, soldi, sesso..." Su Arezzo: "Premiato poi boicottato"

Lo scrittore, autore, giornalista: "Riempio teatri però nella mia città non mi vogliono al Petrarca". La gavetta, il successo, la politica e il Natale

Luca Serafini

20 Dicembre 2025, 07:06

Andrea Scanzi

Andrea Scanzi

Duecento metri a piedi per Corso Italia a fianco di Andrea Scanzi e ti senti al centro di una raffica di sguardi. Rivolti su di lui. Occhi curiosi, occhiate di ammirazione e anche occhiatacce.

- Notorietà. Un piacere o alla lunga un peso?

Ha le sue controindicazioni, e mi rendo conto che cresce ogni giorno. A volte prendo la moto, finisco nel posto più sperduto del mondo, entro in un bar e - tac - spunta uno che mi riconosce al primo colpo. Privacy zero. Ma c'è di peggio e lo so bene. L'affetto che ricevo è sideralmente superiore alle “occhiatacce”. Questa narrazione dello “Scanzi divisivo” - siamo tutti divisivi! - è uno stereotipo e dipende dai social. Lì gli haters sono tanti e per fortuna, visto che poi mi pagano per risarcirmi. Sono dove volevo essere, faccio quello che sognavo e non dimentico di essere un uomo fortunato.

- Le critiche che peso hanno?

Nullo o quasi. Non è che sono arrivato qui nonostante i miei spigoli: ci sono arrivato anche grazie ai miei spigoli. Gli insulti fanno fatturato, le critiche di sconosciuti sono pulviscolo. Ascolto solo le critiche di chi stimo e ho nel cuore. Il resto è irrilevante.

- Un quarto di secolo fa, su per le scale della nostra redazione del Corriere di Arezzo, con articoli non banali da proporre. Creatività. La svolta della carriera come arrivò?

Tardi e non in una botta sola. Nel 2005 mi segnalò Edmondo Berselli a La Stampa, ma non fu la svolta. Quella è arrivata nel 2011 col Il Fatto Quotidiano, grazie a Marco Travaglio ed Antonio Padellaro, e poi a valanga con la tivù e il resto, su tutti Lilli Gruber. Lì è cambiato il mondo, ma avevo già 40 anni. Ho fatto una gavetta lunga e ho pianto parecchio. Col tempo mi sono vendicato - cosa che adoro - con un sacco di sabotatori: gli è andata male.

- Libri, teatro, programmi tv, servizi giornalistici: l'opera rimasta di più nel cuore qual è?

Nulla mi fa sentire me stesso come stare sul palco. Il teatro è casa mia. Come libri, quelli musicali e il mio primo romanzo, La vita è un ballo fuori tempo. E poi fare interviste: Roger Waters, Gaber, Dario Fo, Liga, Vasco e mille altri.

- Natale a casa Scanzi. Presepe o albero? O tutti e due? O nessuno dei due?

Albero, ma non amo le feste comandate. Per me sono solo un modo per vedere ancora di più i miei affetti più cari. Ieri ero a cena dalla moglie di Ivan Graziani. La vigilia la passerò con la mia famiglia: ai miei genitori devo tutto. E per la Befana sarò da Guccini. A Natale cucinerò a casa con Sara. Apriremo un grande vino e staremo soli: noi e Layla, la nostra labrador.

- Dovesse uscire a cena con un politico del governo, chi sceglierebbe?

Nessuno. Sai che palle! A me la politica annoia da morire. Ne parlo per lavoro, dicendo quello che penso senza filtri, ma se qualcuno me ne parla fuori dal lavoro me ne vado via subito.

- E dell'opposizione?

Pierluigi Bersani. Una persona divertentissima, con cui non parlo mai di politica. Oppure Fratoianni: un cuoco pazzesco. Di Battista, ma lui è un amico e non l'ho mai percepito come soggetto politico. Pochi, pochissimi altri. Lo ripeto: nella mia vita privata, la politica non c'è.

- Giorgia Meloni resta la più amata dagli italiani. Brava lei o mancano alternative?

Gli italiani sono bravissimi a prendere sbornie discutibili. Si sono innamorati perfino di uno come Renzi, figurarsi. Meloni è furba ed è la meno peggio del governo, ma non è certo Adenauer. Sfrutta un'informazione compiacente, un presente dove il vento spira ovunque a destra, la natura menefreghista dell'italiano medio e il masochismo del centrosinistra. Il suo governo è un disastro e la sua classe dirigente è pietosa.

- Schlein, Conte, o Salis o chi? In vista del 2027 chi può essere l'interprete dell'alternativa?

Non mi interessa il nome: basta che creino un'alleanza progressista credibile e dunque votabile. Partendo da tre nomi: Schlein, Conte e Fratoianni.

- L'assoluzione definitiva di Salvini sarà il trampolino del suo rilancio?

Quell'assoluzione (giusta) non cambia nulla: Salvini è un leader politicamente morto dal Papeete 2019. Non esiste più, è caricaturale e non ne becca mezza. L'unica cosa buona che ha fatto, è stata farmi vendere una quintalata di copie col mio libro Il Cazzaro Verde. Grazie Matteo!

- Renzi federatore del campo largo. Convincente?

Renzi è il più grande sopravvalutato nella storia della politica italiana e il più grande trojan horse del centrosinistra. Doveva smettere nel 2016 dopo il referendum perso e oggi ha meno voti del Poro Asciugamano. Se te lo metti in casa, gli elettori scappano e la casa esplode. Il peggiore di tutti.

- Toscana e Umbria con lo stesso colore, diverso da quello del governo: Eugenio Giani e Stefania Proietti espressioni di quale tipo di Italia?

Un'Italia politicamente anomala, non più rossa ma di sicuro neanche verde (anche se l'Umbria ci ha provato) o nera. Con tutti i limiti che ha il centrosinistra, non ne avrà mai quanto gli altri. In Toscana Vannacci ha fatto una figura atroce. E Bandecchi è improponibile.

- Arezzo Città del Natale e città dell'oro, ma anche disagio palpabile in giro.

Voglio bene ad Arezzo, è la mia città e il mio nido. E sono felice se sempre più turisti la scoprono. Mi spiace però che la scoprano per i mercatini e non per Petrarca. Io ad Arezzo ci verrei per vedere il ciclo di Piero o il crocifisso del Cimabue, mica per mangiare i brezel.

- La cosa di Arezzo irrinunciabile. E quella insopportabile.

Irrinunciabile: la bellezza accecante. Per essere felice mi basta anche solo una passeggiata in centro o prendere la moto e attraversare qualsiasi angolo della mia splendida provincia. Insopportabile: la chiusura mentale e una sorta di incurabile provincialismo pettegolo. La sindrome del botolo ringhioso. Ma adoro Arezzo e sono fiero di essere aretino.

- Pronostico: cosa farà Patrizio Bertelli nell'area che fu Lebole?

Non ne ho la più pallida idea. Quando sto ad Arezzo, mi scollego da tutto e mi limito a ricaricare le pile. Ad Arezzo me la godo, vado in palestra, passeggio col cane, gioco a padel, bighellono in moto, vedo gli amici di sempre, vado a cena a Moggiona con Don Gigi di Romena e frequento le enoteche del cuore. Non so nulla delle vicende locali, ma so che Bertelli ama la sua città e sta facendo di tutto per aiutarla. E questo mi basta per essergli riconoscente.

- Ghinelli e le prossime elezioni in città.

Ringrazio Ghinelli per avermi dato il Premio Civitas Aretii 2017: fu un grande onore. Avevamo un buon rapporto, per quanto lontanissimi politicamente. Abbiamo organizzato il Gaber Day, abbiamo dedicato una Piazzetta a Gaber. Fu di parola. Poi dissi che nel 2021 avrei votato Luciano Ralli e in qualche modo me l'ha giurata. Da allora non posso esibirmi al Petrarca e la sua giunta mi boicotta con livore comico.

- Per esempio?

Quando Il Fatto ha provato a organizzare una data del mio spettacolo al Petrarca, qualcuno ha negato il permesso: “Tutti, anche Travaglio, ma Scanzi no”. Classico atteggiamento ottuso, perché nel frattempo io riempio i teatri, presento il Festival Tenco a Sanremo e a Firenze - insieme alla assai più democratica sindaca Sara Funaro - dirigo un festival pazzesco chiamato La Gaberiana. Avrebbero in casa un concittadino capace di chiamare chiunque ad Arezzo, ma preferiscono fare i fenomeni e tenermi il muso. Come se facessero un dispetto a me. Fanno tenerezza.

- Intelligenza artificiale, tutto bello, ma qualcosa non quadra.

Non sono appassionato al tema. Forse potrebbe risponderti un “giornalista” puro. Io sono uno scrittore, un uomo di teatro, un pensatore libero e incidentalmente anche un “giornalista”. Professione nobilissima, che però non mi rappresenta se non al 5%.

- Giustizia, tema complesso per il cittadino comune. Cosa sposterà le schede verso il sì o o il no?

Verrà trasformato in un referendum pro o contro Meloni. È una riforma orripilante, quindi ha ottime possibilità di passare.

- Ucraina e Gaza, conflitti irrisolvibili e narrazioni di convenienza.

Di Ucraina non parlo quasi mai, perché preferisco studiare e capire invece di blaterare a caso. A Gaza è in atto un genocidio. Con quasi tutto l'Occidente silente, e dunque colpevole.

- Da Papa Francesco a Papa Leone: la Chiesa in che fase è?

Di restaurazione. Papa Francesco era rivoluzionario, mi piaceva. Questo qua è un Papa volutamente moscio. Sono sempre stato molto distante dalla Chiesa.

- I nostri giovani visti dall'osservatorio di un 51enne dalle analisi lucide e critiche.

Non sono così lucido da valutare una generazione che, come ogni generazione, contiene tutto e il suo contrario. Non avranno un futuro facile: buona fortuna.

- Cosa conta di più per lei?

Le tre S: Salute, Soldi, Sesso. E le tre A: Amore, Amicizia, Arte. La prima resta sempre la Salute, l'ordine delle altre cambia a seconda delle fasi della vita.

- Questa che fase è?

Molto bella, e ne sono perfettamente consapevole. Ma attorno a me vedo tante persone che se ne vanno, e anche per questo non ho più voglia di sprecare tempo.

- Calcio. Fiducia in Gattuso per tornare finalmente ai mondiali?

Mi interessa poco. Sono milanista, voglio bene a Gattuso spero che l'Italia si qualifichi. Ma del calcio, oggi, mi frega pochissimo. L'unico sport che ancora mi accende è il tennis. Ed è per questo che parlo di Sinner dal 2018.

- Appunto, Sinner. Campione discusso.

È “discusso” da chi non capisce nulla di tennis o rosica per i successi altrui. Nel mio piccolo ne so qualcosa: il 90% delle critiche nasce da chi ha una vita irrisolta e soffre nel vedere quando gli altri ce l'hanno fatta. Sinner è un esempio e un campionissimo. Punto.

- Sanremo. Baglioni la chiamò nella sua edizione. Il ciclo Carlo Conti le piace?

Ho conosciuto Conti al concerto di Vasco a Firenze in estate, eravamo insieme nel backstage. Grande professionista, sa fare molto bene il suo lavoro. Io però non sono mai stato uno “da Sanremo”. Ho proprio altri gusti: rock, blues, cantautori. Mondi lontanissimi.

- Il vinile della vita.

Almeno 600. Così, di getto, Texas Flood di Stevie Ray Vaughan. Il mio chitarrista preferito. Quando morì, nel 1990, avevo 16 anni. Piansi tre giorni di fila. E non ho ancora smesso.

- Giorgio Gaber, senza tempo, ma la citazione specchio della realtà di questi giorni quale può essere?

Ogni cosa che ha scritto e interpretato: Giorgio è un faro. L'onestà intellettuale prima di tutto, il fregarsene di quello che pensa la gente. Chi vuol piacere a tutti è pavido e pure bischero: prima o poi si muore, quindi tanto vale essere se stessi. Liberi, fino in fondo. I paraculi e gli equidistanti per calcolo li detesto.

- Fabrizio De André, poeta eterno al centro della tesi 25 anni fa e raccontato nel nuovo libro: le parole tatuate dentro.

“Sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso”. Questo libro (Verranno a chiederti di Fabrizio De André) sta volando, ed è davvero un mio pezzo di cuore.

- Scanzi bambino diceva: da grande farò … ?

Lo scrittore. E tutto sommato ci ho preso, anche se non avrei immaginato due cose, una brutta e una bella. Quella “brutta” è diventare famoso anzitutto per motivi “politici”. Quella bella è diventare un apprezzato uomo di teatro. Ormai calco i palcoscenici da quindici anni.

- L'importanza di avere al fianco la compagna giusta.

Enorme. A Sara devo tantissimo. Senza di lei non sarei qui, e nel 2021 mi ha salvato letteralmente la vita. Lei sa perché.

- Il 2026 è alle porte. Qual è la prossima sfida, professionale e personale, di Andrea Scanzi?

Confermarsi e restare dove sono, lavorando sempre meno e godendomela sempre più. Quando mi chiedono se ho nuovi progetti, rispondo sempre: “Mi bastano quelli vecchi, perché ne ho già anche troppi”. Nel mio mondo cadere è un attimo. Faccio tivù, libri, teatro, social e giornalismo. Ho molto più di quanto mi servirebbe, ho già ottenuto più di quanto sognassi e attorno a me c'è solo gente bella. Va bene così.

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