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Natura

L'uomo continua a distruggere la natura. In 5 anni in Italia cementificato verde come 70.000 campi da calcio

08 Dicembre 2025, 10:18

L'uomo continua a distruggere la natura. In 5 anni in Italia distrutte aree verdi come 70.000 campi da calcio

Continuiamo a cementificare il mondo

Le aree naturali europee stanno scomparendo ad una velocità sorprendente, lasciando il posto ad asfalto, costruzioni e campi da golf di lusso. È quanto emerge dai risultati del progetto Green to Grey, una collaborazione tra la fondazione Arena for Journalism in Europe e l'emittente pubblica norvegese Nrk, con il supporto degli scienziati nell'istituto scandinavo per la ricerca sulla natura. I risultati sono stati ottenuti dal confronto delle immagini satellitari nel periodo 2018-2023 e mostrano che, nei 39 paesi europei presi in considerazione, è stata distrutta una superficie naturale pari all'estensione dell'isola di Cipro, 9000 chilometri quadrati, un milione e 250 mila campi da calcio. Questo approccio innovativo permette di superare i limiti delle analisi precedenti, riuscendo a monitorare anche le costruzioni su piccola scala, cosa che non era stata possibile con gli strumenti usati nelle precedenti valutazioni dell'Agenzia Europea per l'Ambiente (Aee). Integrando queste nuove informazioni risulta che le aree verdi distrutte sono circa il 30 per cento in più di quanto osservato in precedenza.

I primi tre paesi per rapporto tra superficie verde persa e area totale sono Paesi Bassi, Belgio e Polonia. La quindicesima posizione dell'Italia non deve comunque rassicurare perché, considerando invece l’area verde totale, ci troviamo al sesto posto: in 5 anni abbiamo perso 479 chilometri quadrati di natura, corrispondenti a più di 70.000 campi da calcio. La perdita di queste aree, oltre ad essere un danno culturale e una questione etica rilevante, ha anche un elevato costo sociale, legato a quelli che sono i servizi ecosistemici: quelle funzioni svolte dalla natura di cui beneficiamo come individui e società. Tra questi troviamo la rimozione di anidride carbonica dall’atmosfera, la riduzione della temperatura, la resistenza alle frane e l'assorbimento di acqua in caso di piogge intense. Inoltre, la perdita di specie viventi causata dalla distruzione degli habitat è collegata anche ad una maggiore vulnerabilità alle specie invasive e dannose per le colture. Insomma, distruggendo gli habitat ancora inalterati, perdiamo anche tutti quei benefici che gli ecosistemi in salute ci offrono.


L'uomo continua a costruire consumando suolo e distruggendo aree verdi

Come si legge sulla testata Facta.eu, un giornale no profit che si occupa di giornalismo investigativo, gli ambienti più colpiti sono “foreste, zone umide, spiagge convertite in strade, alberghi, resort esclusivi, centri servizi. Ma la conversione da verde a grigio coinvolge anche una parte importante di terreni agricoli”. Particolarmente significativo è il caso del Portogallo: sulla spiaggia di Galé, che ospita un'area protetta dalla rete europea Natura2000, le stime indicano che la costruzione di un campo da golf per un progetto di ampliamento di un resort di lusso abbia cancellato 300 ettari di parco naturale e che consumi 800mila litri di acqua al giorno. Nei siti tutelati dalla rete Natura2000, nonostante siano aree di interesse comunitario, è prevista la possibilità di costruire infrastrutture di interesse pubblico sotto autorizzazione delle autorità nazionali. In Italia esistono casi simili, il più emblematico dei quali è il caso del Lago di Garda, intorno alle cui coste si stanno costruendo infrastrutture come strade ed edifici che degradano gli ecosistemi acquatici e terrestri delle rive, soprattutto per motivi turistici.
Queste costruzioni stanno di fatto soffocando il lago, la cui salute dipende dall’equilibrio ecologico della regione circostante, e il cui degrado ne compromette la capacità di sostenere la vita acquatica e ripariale.

Una soluzione particolarmente promettente per contribuire a rallentare e invertire questa tendenza sembra essere quella di fornire alle aree naturali una personalità giuridica: in questo modo, ogni intervento che le riguarda deve tenere conto dei loro diritti e non soltanto degli impatti sulla società. Non si tratta di una novità: in Ecuador questa tutela dei diritti della natura è stata inserita nella Costituzione già nel 2008, ed ha trovato la prima applicazione nel fiume Vilcabamba. Grazie a questa norma, ad esempio, un progetto di sviluppo stradale che avrebbe alterato il normale flusso fluviale è stato interrotto in quanto considerato lesivo dei diritti del fiume. Garantire diritti a ecosistemi naturali può quindi essere la strada giusta per cercare di arrestare ed invertire il processo di degrado che sta procedendo a ritmi sempre più elevati in Europa e in gran parte del resto del mondo. E magari aiutare l’uomo a non auto distruggersi, come ormai sta cercando di fare giorno dopo giorno.

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