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Arezzo

"Io all'Heysel mi salvai con una bandiera usata come paracadute". Dopo 40 anni così le celebrazioni per le vittime aretine

Greta Settimelli

29 Maggio 2025, 09:35

"Io all'Heysel mi  salvai con una bandiera usata come paracadute". Dopo 40 anni così le celebrazioni per le vittime aretine

Il sopravvissuto Claudio Chiarini

“C'è quel senso di ingiustizia per quello che è accaduto. Tante volte sento parlare di tragedia, ma l'Heysel in realtà è stata una strage. Non è accaduta per caso. Non sono state sfortunate quelle 39 persone, ci sono state delle responsabilità e gravissime negligenze di chi doveva garantire la sicurezza di quell'evento e che di fatto li ha mandati a morire”.

Andrea Lorentini, figlio di Roberto Lorentini (una delle 39 vittime morte allo stadio di Bruxelles e presidente dell'Associazione Familiari Vittime dell'Heysel ndr), sta per trasferire ad una platea di studenti quanto accaduto a suo padre e ad altre 38 persone, tra cui la 17enne aretina Giuseppina Conti, il 29 maggio 1985. L'occasione sono i due giorni di eventi e incontri in calendario ad Arezzo nell'ambito dell'iniziativa “1985-2025. Arezzo nel ricordo dell'Heysel. La memoria oltre il tempo”, organizzata da Aia in collaborazione con Figc, Coni, Unvs, Panathlon e Associazione Familiari Vittime dell'Heysel. Ieri nell'aula magna del Liceo Scientifico-Linguistico “Francesco Redi”, l'incontro “Heysel 40 anni dopo. Memoria, sport e responsabilità”.

Una memoria non solo rinnovata, ma dalla quale trarre stimoli per sensibilizzare, educare.

“Sono cose che rimangono nella testa e nel cuore - ci racconta Claudio Chiarini, uno degli aretini scampati alla strage - gli inglesi sono entrati nello stadio con casse di birra e bastoni. Dopo aver bevuto, hanno riempito le lattine di sassi e hanno cominciato a lanciarle. Lì ho capito che sarebbe stato difficilissimo uscirne indenni. Lo stadio era fatiscente, gli hoolingans hanno cominciato a fare pressione su quella rete ed è venuta giù. Ho visto genitori lanciare i bambini al di là della rete, per cercare di salvarli. Le gradinate si sono sgretolate e per salvarmi mi sono gettato dal muro che stava crollando, usando la bandiera della Juve come paracadute. Poi ho cercato di aiutare più persone possibili”.

All'incontro anche Francesco Caremani, giornalista e autore di un libro inchiesta sull'argomento, che ha esposto alla platea di giovani, cause e responsabilità della strage, ed il processo che ne seguì, con la condanna dell'Uefa. Luca Serafini, autore del libro “La ragazza dai pantaloni verdi”, dedicato alla giovane Giusy Conti, ha tratteggiato la figura della 17enne morta in quella che doveva essere una festa. “Quello di Giuseppina è messaggio di rispetto - commenta Luca Serafini - il libro è sì memoria di Giusy, perché quarant'anni dopo sarebbe stato un affronto dimenticare come è stata inghiottita da quella follia, ma è anche veicolo dei messaggi positivi che Giuseppina ha testimoniato con la sua pur breve vita. L'apertura verso gli altri, la leale competizione sportiva, avversari sì nemici mai, l'attenzione al proprio corpo (Giusy era una tennista) e l'amore per lo studio e la famiglia”.

Oggi sarà la giornata della memoria. Alle ore 17, presso il campo sportivo “Giusy Conti” di Rigutino, sarà deposto un mazzo di fiori in sua memoria. A seguire, alle 17.30, il campo sportivo “Roberto Lorentini” ospiterà l'inaugurazione di un bassorilievo dedicato al medico aretino, simbolo di altruismo e coraggio. Concluderà la giornata, alle 18 presso la sede Aia di via Gramsci, una tavola rotonda dal titolo “L'Heysel 40 anni dopo”, in cui istituzioni e rappresentanti sportivi dialogheranno con i ragazzi delle squadre giovanili del territorio.

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