Arezzo
Otto anni di reclusione per aver costretto con la forza il rivale a bere un acido, gesto qualificato come tentato omicidio. E' questa la richiesta della pm Julia Maggiore nel processo in corso ad Arezzo al pakistano, classe 1989, che a ferragosto di un anno fa si sarebbe reso responsabile del gesto, in un autolavaggio di Monte San Savino.
A pronunciare il verdetto sarà il giudice Giulia Soldini il 17 giugno prossimo, dopo le repliche successive alla discussione. Il processo si celebra con rito abbreviato, che consente la riduzione di un terzo della pena in caso di condanna.
L'imputato, assistito dall'avvocato Francesca Marolda, nega il fatto e la difesa chiede l'assoluzione sulla base di una ricostruzione completamente diversa da quella accusatoria. Il connazionale che rimase seriamente intossicato è parte civile con l'avvocato Marco Gnalducci. Chiede un risarcimento in separata sede. Si parla di una lite per motivi economici: soldi consegnati dalla vittima e non resi dall'altro. La somma, circa 8 mila euro, doveva servire per aprire un'attività simile assieme. Progetto poi sfumato.
Nel contesto della lite tra i due, il presunto avvelenatore avrebbe aggredito l'altro, disteso a terra e costretto a ingerire un acido (non meglio identificato) dalla bottiglia portata alla bocca. Poi ci furono i soccorsi, il trasferimento al centro specializzato di Pisa, la lavanda gastrica e le conseguenze, quindi le indagini.
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