Arezzo
Martina Rossi e Aurora Maniscalco
Aurora come Martina: morte cadendo dall'alto. In circostanze oscure. Le indagini sul caso della hostess siciliana deceduta a 24 anni a Vienna sono appena all'inizio. Con lei c'era il fidanzato. Molti punti interrogativi. Il caso di Martina Rossi, che perse la vita a 20 anni il 3 agosto 2011 a Palma di Maiorca precipitando dal balcone dell'hotel, in vacanza, è chiuso definitivamente con la condanna dei due giovani aretini che erano con lei in camera, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi. Scappava da un tentativo di stupro e volò di sotto. Tre anni di reclusione per tentata violenza sessuale di gruppo, scontati in regime di semilibertà.
Per i genitori di Martina le notizie di Vienna risvegliano il ricordo di quell'estate maledetta quando la figlia, universitaria, era andata con le amiche in vacanza. Poi la telefonata con la notizia tragica. Dolore, incredulità, voglia di capire.
“Siamo vicini alla famiglia di questa ragazza, se dovessimo dare loro un consiglio è quello di ricostruire con grande attenzione i momenti successivi al fatto, di non far scappare le prove subito”, dice Bruno Rossi, papà di Martina. “Quando capitò a nostra figlia e con l'aereo andammo a Palma di Maiorca, le autorità locali avevano già definito il caso come accidentale, poi abbiamo dovuto ricostruire tutto da noi, tra mille difficoltà”. Un percorso a ostacoli contro silenzi e finzioni, nel quale è stata decisiva la perseveranza dei Rossi, assistiti dagli avvocati Stefano Savi e Luca Fanfani. Riuscirono a far riaprire il caso in Italia, poi la serie di processi, con esiti alterni, infine la sentenza di colpevolezza finale, anche se uno dei reati (morte in conseguenza di altro reato) nel tempo è andato prescritto. “Alla fine siamo riusciti a vincere il processo dal punto di vista formale” prosegue Bruno “ma nella sostanza la pena non è stata adeguata. Ora è in corso la causa civile per il risarcimento, dinanzi al giudice di Arezzo Fabrizio Pieschi”. E' in corso la quantificazione del danno affidata ad un collegio di periti del tribunale di Milano. Dovrà poi decidere il giudice. I legali dei due aretini, gli avvocati Tiberio Baroni e Stefano Buricchi, hanno sollevato alcune questioni per rivalutare il fatto. Vedremo. La famiglia Rossi oltre alle spese legali (circa 60 mila euro) deve avere il risarcimento per il danno patito dalla figlia e per quello sofferto da loro. Si parla di centinaia di migliaia di euro che nelle intenzioni andranno per lo più in beneficenza e attività sociali. Bruno Rossi e la moglie Franca Murialdo hanno creato un'associazione che opera su vari fronti. Aiuti ai migranti e in particolare alle donne, sostegni, affitti. Nei giorni scorsi presso l'Università di Genova è stata premiata con la borsa di studio una tesi di laurea dedicata al tema della violenza di genere: “Tutela della vittima di violenza di genere nel procedimento penale”, di Giorgia Canevello.
Bruno si rivolge ancora ai familiari di Aurora: “Facciano tutto quello che c'è da fare, si affidino ad avvocati di livello, mettano insieme documenti, foto. Certo, è dispendioso come energie e anche dal punto di vista economico. Ci vorrebbe una struttura che stia a fianco di chi si trova in queste situazioni. Ti crei un'esperienza, una cultura su queste cose, solo quando il processo è finito... E la nostra vicenda è iniziata 14 anni fa”.
I tempi della causa civile sono lenti, si allungano. A settembre la prossima udienza. Per la famiglia oltre agli avvocati Savi e Fanfani, ci sono Alessia Baglioni ed Enrico Marzaduri. Salvo colpi di scena, nel 2026 si dovrebbe arrivare alla conclusione.
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