Palermo
L'ospedale Villa Sofia e, nel riquadro, Giovanni Cuvello
Un mistero che pesa come un macigno grava su Palermo, dove la vicenda di Giovanni Cuvello, pensionato di 73 anni, ha sconvolto l’opinione pubblica e scosso le coscienze di chi, ogni giorno, dà fiducia a chi dovrebbe difendere i più deboli. Ciò che doveva essere una normale attesa in ospedale, per un malore, si è trasformato in un abisso senza risposta. Era il tardo pomeriggio del 30 settembre quando Giovanni Cuvello arrivò al pronto soccorso dell’ospedale Villa Sofia. Accompagnato da un familiare, si presentava con un malessere che richiedeva attenzione. La famiglia sperava in poche ore: esami, visite, cure. E invece, all’inizio della visita, quando il suo turno arrivò, nessuno lo trovò più. Scomparso. Nessuno riusciva a stabilire dove fosse finito, come avesse potuto andarsene e perché nessuno lo avesse visto farlo. La sua famiglia presentò denuncia, attivò ricerche, diffuse appelli: manifesti, richieste d’aiuto in TV, trasmissioni come Chi l’ha visto? si interessarono al caso.
Dieci lunghissimi giorni dopo, il cuore della vicenda scopre una svolta che è solo un dolore nuovo: Giovanni è stato trovato senza vita dentro lo stesso ospedale che lo aveva accolto. Il cadavere del pensionato è stato rinvenuto in un locale tecnico al nono piano del padiglione polichirurgico di Villa Sofia sopra il pronto soccorso, in una zona di pertinenza del perimetro ospedaliero. Come ci è finito? Nel corso dei giorni della scomparsa era stato ricercato fuori: i vigili del fuoco, la polizia, i carabinieri, la protezione civile avevano setacciato la città e i dintorni dell’ospedale, quando Giovanni non aveva mai lasciato la struttura, come hanno riportato Ansa e Gazzetta del sud.
La famiglia, comprensibilmente scossa e addolorata, chiede verità: “Non sappiamo quando e di cosa è morto Giovanni, né cosa abbia fatto in tutti questi giorni in cui lo cercavamo fuori dall’ospedale. Come mai è stato trovato in un locale tecnico?” chiedono i suoi cari, che hanno già presentato denuncia ai carabinieri. Chiedono che vengano esaminate le registrazioni video, che siano analizzate le cartelle cliniche, che sia fatta chiarezza su responsabilità, tempistiche e su tutto ciò che sembra non tornare.
La vicenda lascia in sospeso molti dubbi: come può un uomo ricoverato, di cui si perde traccia all’interno di un ospedale, essere trovato giorni dopo in un locale interno all’ospedale stesso, senza che nessuno ne avesse avvertito la famiglia? Perché le procedure interne non hanno impedito che restasse senza sorveglianza? Qual è il ruolo della sicurezza interna, delle videosorveglianze, dei registri? Come è possibile che non si sia segnalata la sua assenza subito? Giovanni non aveva scelto di scomparire. Era un pensionato, con la sua vita fatta di affetti, di abitudini, di bisogni. Era fragile, bisognoso di cure. Ed è stato in ospedale quel giorno: una struttura che ha il compito di assistere, curare, proteggere. Servono risposte. Non bastano le ombre, non bastano le parole. Occorre che emergano fatti concreti, documenti, certezze. E soprattutto che ogni responsabilità – se esistono – venga assunta, non negata o nascosta.
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