L'intervista
Katia Ricciarelli durante l'intervista
Floria Tosca, l'eroina pucciniana che infervora gli animi dei melomani di tutto il mondo, nell'ora del dolore ricorda, con la celebre romanza “vissi d'arte”, di aver dedicato la vita all'arte, nella forme specifiche della musica e del canto. Katia Ricciarelli ha vissuto una vita più lunga e più ricca di quella di Tosca, non avendo esaurito la propria attività artistica esclusivamente nel mondo della musica e del canto. La nostra diva ha voluto sempre aprirsi per comprendere e godere dei rapporti tra musica e altre arti e tra musica, società e vita.
In occasione del suo ritorno ad Arezzo come docente alla masterclass organizzata dal baritono aretino Mario Cassi, ho avuto occasione di accompagnarla a visitare la bella Pinacoteca di Palazzo di Fraternita, in Piazza Vasari. In quella circostanza, il soprano si è lasciata intervistare sui suoi rapporti con l’arte nelle diverse forme di quelle musicali.
- Una delle aree più celebri dell'opera italiana esordisce con "vissi d'arte". Lei certamente è vissuta d'arte, l'arte della lirica; oggi vorremmo intervistarla su altre forme di arte ce lo consente?
Son qui!
- Eh non vale, così risponde Cavaradossi, il pittore, a Tosca, proprio all’inizio dell’opera! Oltre ai musicisti, quali tipi di artisti ha conosciuto?
Io sono stata fortunata perché ho vissuto nel mondo della musica in un periodo in cui esso era frequentato da grandissimi artisti e non solo da musicisti. Grandi pittori venivano chiamati per realizzare le scene delle opere. Ricordo, ad esempio, una bellissima Aida, a Torino, con le scene in legno di Mario Ceroli. Ho avuto modo anche di frequentare scrittori, giornalisti, intellettuali e amici che mi hanno spinto a guardarmi intorno e a conoscere le diverse forme dell'arte.
- Quali erano i suoi pittori contemporanei preferiti e cosa ricorda di loro?
All'inizio avevo la passione per il Seicento. Poi, col passare degli anni, maturando, mi sono piaciuti anche i contemporanei. Ho conosciuto bene Vittorio Sgarbi e lui mi ha introdotto in ambienti artistici. Quando stavo con lui mi illustrava tantissime cose.
- L'arte e la pittura in particolare l’hanno aiutata a costruire il suo mondo artistico ed estetico musicale?
Un artista, di ogni tipo, trova prima di tutto in se stessa la forza del bello e del tragico. Poi, con lo studio, apprende altro e migliora le proprie capacità di comprendere e comunicare bellezza e arte. Ho sempre pensato che l'urlo di Munch fosse la rappresentazione pittorica di un acuto drammatico. In fondo Cavaradossi, il pittore innamorato di Tosca, dice proprio questo che l'arte "le diverse bellezze insiem confonde" ovvero ogni arte con le proprie diverse forme, esprime lo stesso concetto di bellezza e di assoluto.
Katia Ricciarelli in scena con Placido Domingo
- Nell'ambito della musica leggera, chi erano i suoi cantanti preferiti?
Mi piacciono tutti i cantanti che non hanno una di quelle voci un po' belle, pulite. Mi piacciono quelle voci che sono un po' graffianti. Vedi Renato Zero o Mario Biondi? Queste voci un po' così, ecco. Quelle mi fanno provare la libido. I cantanti perfetti non mi piacciono.
- E i suoi attori cinematografici preferiti?
Beh, io sono stata innamorata pazza, quando ero ragazza, di Yul Brynner. Ecco, mi piacevano quegli attori che non fossero poi forzatamente belli, bellissimi. Ecco, per esempio Alain Delon è un bellissimo uomo, però io preferivo uno un po' anche più brutto ma che avesse più fascino, almeno per quello che riguarda la mia sensibilità. Kirk Douglas, per esempio, non è che fosse un bellissimo attore, bravissimo attore sì ma bellissimo no, però aveva un non so che, mi faceva venire un po' di idee strane.
- Parliamo delle sue esperienze nel cinema prima che nella televisione. Ci pare che ha girato proprio in Puglia il film di Franco Zeffirelli "Otello". Cosa ricorda di quell'esperienza?
Sì, ricordo un bellissimo soggiorno in Puglia, fu Zeffirelli a portarmici nel lontano 1986 per girare le scene dell'Otello. Nel castello di Barletta, il regista allestì il “giardino arabo” che doveva essere la corte del castello di Cipro, l'isola sulla cui sabbia si consumò l'amore interrazziale tra Desdemona e il Moro. Zeffirelli mi insegnò molto sulla recitazione cinematografica ed in particolare ad alleggerire l'espressione del viso. Io ero abituata alla recitazione teatrale nella quale gli spettatori ci osservano a distanza e, pertanto, i gesti e le espressioni del volto dovevano essere molto accentuate per raggiungere il pubblico, mentre invece, nel cinema il regista, con il suo obiettivo si avvicina per cogliere i particolari più leggeri delle tue più intime emozioni e pertanto non bisogna assumere espressioni marcate. A parte questo, ricordo la sua estrema severità e la durezza con cui rimproverava gli attori quando non corrispondevano alle sue direttive registiche. Un grande artista ma molto severo. Di tutt'altro tempra e molto amabile Pupi Avati che è prima che un artista un uomo straordinario, un grande poeta della cinepresa; è con lui, ma vorrei dire grazie a lui, che ho vinto il nastro d'argento, il mio primo premio cinematografico.
Katia Ricciarelli insieme al regista Pupi Avati
- Nel mondo della lirica Pavarotti ha duettato con molte cantanti di musica leggera, Montserrat Caballé con Freddie Mercury. Lei con chi vorrebbe duettare?
A tutti piace sconfinare, superare il limite della propria disciplina artistica. Anch'io, come i miei colleghi, quando posso partecipo a concerti di musica leggera con un gruppo che si chiama The Queens e canto proprio le canzoni che Monserrat Caballè aveva interpretato nella raccolta Il Barcellona, in occasione dei mondiali di calcio. Mi piace moltissimo esibirmi con cantanti di musica leggera. Ricordo in particolare di aver cantato con Albano; è stata un'esperienza molto divertente e lusinghiera. Poi, voglio dire che sono d'accordo con coloro che ritengono che la musica è musica e non si distingue in pesante e leggera, ma solo in buona e cattiva musica. Spesso inoltre nella musica leggera, come nell'opera lirica, alla musica si unisce la poesia. Ricordo per esempio, con ammirazione, tante belle canzoni di Lucio Dalla, un vero poeta.
- So che frequenta spesso Arezzo e da anni. La prima volta ci risulta essere stata in occasione di un concerto al teatro Petrarca negli anni 80. Che ricordi ha della città?
E’ bellissima, mi piace molto, continuerò e continuo a venirci per tante ragioni, per l'amicizia che c'è con la famiglia Macrì, sicuramente che conosco da almeno 45 anni, anche per fare queste cose, insomma, per i giovani, perché penso che bisogna aiutare i giovani. E’ il secondo anno e ci sarà anche il terzo, con molta probabilità. E’ una città splendida. Bella, bella, bella. In qualsiasi punto della città tu vada, c'è qualcosa da vedere. Poi io ho qualcosa di toscano da parte di mia madre, non molto lontano da qui a Rosignano Marittimo.
- In sintesi, quindi cosa ne pensa dell'arte?
E’ una domanda difficile, soprattutto quando come nel mio caso, Arte e Vita hanno per gran tempo coinciso. Penso che l'arte sia una straordinaria occasione di realizzazione ma anche vertiginosa occasione di solitudine. Il pubblico ti applaude, ti ammira, a volte ti ama ma poi, spenti i riflettori, l'artista resta solo a confrontarsi con le proprie necessità di assoluto e di contingente... Voglio comunque riferire che la strada dell'arte per quanto irta, è bella ed è sempre degna di essere percorsa; sto facendo di tutto, come vedi, affinché i giovani possano intraprendere una carriera artistica convinta come sono che il mondo necessiti di arte e di bellezza.
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