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L'esperienza

Felice Fedeli: "Il Corriere di Arezzo mi ha cambiato la vita"

I primi passi nella carriera, caposervizio a distanza nel 2023, il legame con i collaboratori e un piccolo gesto per fare squadra

Felice Fedeli

05 Febbraio 2025, 11:30

Felice Fedeli

Felice Fedeli oggi e in una foto di qualche anno fa

Lo devo solo a te. Non me ne voglia Pupo, ma se non ci fosse stato il Corriere di Arezzo non sarei diventato giornalista. E sul piccolo posso dire che mi ha cambiato la vita. Correvano le prime settimane del 1985 e a Perugia, sede del Corriere dell’Umbria, si decise di espandersi e aprire la redazione di Arezzo. Il direttore Giulio Mastroianni per rimpolpare la redazione perugina puntò, non fosse altro per contenere i costi, su due giovani corrispondenti di altrettanti centri dell’Umbria: Diego Aristei di Assisi e il sottoscritto di Umbertide. E visto che gli eventi sono concatenati il mio posto di corrispondente venne preso da un giovanissimo e molto promettente Federico Sciurpa, che al Corriere di Arezzo prima si è fatto le ossa e poi lo ha diretto facendogli vivere una stagione memorabile.


Felice Fedeli (ultimo a destra) con i colleghi (da sinistra): Massimo Colonna, Tommaso Ricci, Cristina Biondi, Luca Mercadini. Seduti Nicola Uras, Lorenzo Fiorucci e Paolo Di Basilio

Per tre mesi, tanti anni dopo, l’edizione l’ho coordinata da Perugia, perché gli strateghi del tempo sostenevano che i giornali si potevano fare anche a distanza, trasferendo dalla sera alla mattina i colleghi aretini in via Pievaiola a Perugia. Arezzo, nel mio immaginario di preadolescente che cresce nella piccola Umbertide, lo lego a un vicino di casa che mi raccontava i suoi blitz a comprare camicie e regali in oro per qualche fidanzata fuori dall’ufficialità. Nelle lunghe sere d’inverno i suoi racconti mi incuriosivano, facendomi immaginare Arezzo come un qualcosa di mitico e inarrivabile. Diceva sempre che gli aretini erano gran lavoratori e brava gente. Concordo per gli sporadici contatti avuti di persona, non fosse altro nelle tante toccate e fuga legate alle frequentazioni universitarie dei miei figli, intervallate da piacevoli passeggiate in centro: treno ad Arezzo per raggiungere le facoltà di Milano e Firenze.

Oggettivamente in tre mesi si fa poco, davvero poco. Non passerà certo alla storia il mio contributo, anche se sul piccolo due medaglie quasi invisibili sul petto me le appunto: l’arrivo del nuovo editore ha coinciso con la scelta saggia di riportare i colleghi aretini nella loro sede naturale, ecco una parola buona ce l’ho messa pure io. Due ore di macchina sono una tortura che non si augura nemmeno al peggior nemico, poi stare sul posto significa più contatti, maggiore presenza, più tempo da dedicare al giornale. L’altra medaglia è quella di aver fatto avere il giornale omaggio ai collaboratori, perché resto convinto che l’unione fa la forza, anche se rispetto chi mi ricorda l’altro proverbio (“Chi fa da sé fa per tre”).


Felice Fedeli tra Antonello Menconi e Maurizio Becchetti

Un piccolo gesto molto apprezzato, di quelli che ti fanno sentire squadra e dove il concetto di bandiera assume la concretezza di un gesto. Troppo poco per avere tutto questo spazio, ma Arezzo ce l’ho nel cuore e non solo per quei regali galeotti fatti all’amante, dal mio vicino di casa, nell’Italia bigotta degli anni Settanta. Corriere di Arezzo ti auguro lunga vita e spero di cuore che gli assist di oggi si trasformino in altrettanti eurogol.

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