Il caso
Michele Noschese, in arte Dj Godzi è morto a Ibiza in circostanze tutte da chiarire
Aveva trentacinque anni Michele Noschese, in arte Dj Godzi. Napoletano, una laurea in Economia, un passato nel calcio giovanile, ma soprattutto una carriera musicale che lo aveva portato a farsi conoscere sulle consolle d’Europa: Ibiza, Londra, Parigi, Barcellona. Un artista che aveva scelto la techno come linguaggio e la libertà come orizzonte. La sua vita si è interrotta brutalmente nella notte tra il 18 e il 19 luglio 2025, sull’isola che lo aveva accolto da quasi un decennio e che ora, secondo la famiglia, l’ha tradito nel modo più vile. La notizia è rimbalzata dapprima sui profili social degli amici, poi tra le righe dei quotidiani locali: “È morto a Ibiza il napoletano Michele Noschese, in arte Dj Godzi”. Nessun dettaglio, solo una data, un luogo e un dolore incalcolabile. Ma la storia, a scavare, si fa molto più torbida. Quella notte, nella casa di Godzi, si stava tenendo una festa. Nulla di anomalo per i ritmi dell’isola, nulla che stonasse con l’anima libertaria della scena musicale che lui incarnava. Qualcuno, disturbato dalla musica ad alto volume, ha chiamato la Guardia Civil. Da quel momento, la ricostruzione si spezza in due.
Secondo alcune testimonianze, riportate dal Corriere della Sera, tra gli agenti intervenuti e Michele ci sarebbe stato un confronto acceso, culminato in una violenta aggressione. Sarebbe stato lasciato a terra, privo di sensi. Non portato in ospedale, non soccorso, ma direttamente in obitorio. È questa la versione che il padre di Michele, Giuseppe Noschese, medico affermato, porta avanti con determinazione e dolore. “Me lo hanno massacrato,” ha dichiarato sempre al Corriere “mia moglie non reggerebbe lo strazio di vederlo. Lo riporterò a casa cremato.” La famiglia ha depositato un esposto per omicidio volontario, chiedendo chiarezza e giustizia.
Una immagine scherzosa di Michele
Dall’altra parte, le autorità spagnole parlano di un arresto cardiaco. Una spiegazione che, però, stride con la descrizione di un giovane sportivo, attento al proprio corpo e in particolare con il quadro dipinto dai testimoni. “Se fosse stato un arresto cardiaco - ribatte il padre - perché non è stato soccorso? Perché non è stato portato in ospedale?”. Nel frattempo, si attende l’esito dell’autopsia, mentre la famiglia ha chiesto una perizia medico-legale indipendente. Le autorità italiane sono state attivate, il Consolato monitora, la Farnesina segue da vicino. Anche la politica si è mossa: l’europarlamentare Fulvio Martusciello ha invocato chiarezza da parte del governo spagnolo. “La morte di un giovane artista napoletano non può restare avvolta nell’ambiguità,” ha dichiarato.
La scena musicale internazionale è sotto shock. Michele Noschese era un volto noto nei club e nelle serate underground di mezza Europa. Era parte del collettivo Mood Child Art, che lo ha ricordato come “un cuore gentile, un’anima speciale”. Sui social, tributi, lacrime, incredulità. Ma anche rabbia. Perché la morte di Dj Godzi non è solo una tragedia personale, è un fatto pubblico. È una storia che tocca giustizia, libertà, violenza e responsabilità. È un interrogativo che brucia: può un giovane morire in casa propria, circondato da amici, dopo l’arrivo della polizia – e che tutto venga archiviato come fatalità? Finché le indagini non faranno piena luce, restano due verità in collisione. Da una parte, la versione ufficiale che parla di decesso naturale. Dall’altra, il grido di un padre, la denuncia di chi era lì, l’ombra di un pestaggio. In mezzo, il silenzio di Ibiza, che da paradiso del suono si è fatta improvvisamente muta. Michele Noschese non c’è più. Ma la sua musica, la sua storia e le domande che la sua morte solleva, restano. E ora pretendono risposte.
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