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Verso il voto 2026

L'avvocato Melani Graverini tra toga e ipotesi fascia da sindaco. Così dopo il super processo: "La candidatura? Prima fatemi uscire dal coma... "

Corteggiato dal centrodestra, il noto penalista riflette sulla richiesta di disponibilità per le amministrative

Luca Serafini

06 Dicembre 2025, 07:02

Piero Melani Graverini

Piero Melani Graverini

Davanti alla Corte si è definito “un modesto operatore del diritto”, in realtà tutti conoscono le qualità di Piero Melani Graverini, penalista di lungo corso, ex presidente dell'Ordine degli avvocati di Arezzo, ex membro del Consiglio nazionale forense, presente in tutti i principali casi giudiziari aretini degli ultimi 40 anni.

L'arringa per il caso Mugnai, vicenda di rilievo nazionale, è caduta proprio nelle ore successive alla notizia lanciata dal Corriere di Arezzo: il centrodestra in cerca del candidato a sindaco per le elezioni 2026 ha contattato proprio l'avvocato.

Doppia esposizione, quindi, per Melani Graverini, sul piano professionale e quello amministrativo. Sulle spalle c'è la toga, da una vita, ereditata dall'illustre padre, mentre il pensiero alla fascia tricolore, ieri è stato ricacciato indietro. “Fatemi uscire dal coma...” ha detto davanti ai microfoni Piero Melani Graverini a chi gli chiedeva della proposta e se la accetterà.

Di sicuro gli ha fatto molto piacere, e a chi non lo farebbe. Un riconoscimento importante di fiducia, stima, considerazione. Nel giro di qualche giorno dopo una opportuna fase di riflessione e valutazione, Graverini darà la risposta a chi nel centrodestra lo ha sondato.

Ma ieri era il giorno del processo per il caso San Polo e l'avvocato ha svolto il suo ruolo con il suo stile improntato alla sintesi e alla schiettezza dell'esposizione, mirando alla sostanza e senza addentrarsi in questioni iper giuridiche. Alle spalle un denso lavoro di memorie, perizie, approfondimenti offerti alla Corte d'Assise. E alla base un lavoro di squadra in perfetta sintonia con la collega Marzia Lelli, che in questi anni si è prodigata nel seguire la vicenda in tutte le sue sfaccettature. Un processo che, hanno sottolineato i due legali, “non si doveva nemmeno celebrare”.

Il primo giudice che si è occupato del fatto, Giulia Soldini, pochi giorni dopo la tragedia aveva infatti qualificato l'accaduto in legittima difesa. Quindi proscioglimento. Ci sono voluti tre anni per arrivare a quella stessa conclusione.

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