La tragedia
Nella foto Nicolò Maja, accanto il padre Alessandro, la mamma Stefania Pivetta e la sorella Giulia
Il 3 e il 4 maggio 2022 Alessandro Maja, designer di 57 anni, uccise la moglie Stefania Pivetta, di 56enne, e la figlia Giulia, di soli 16 anni, a colpi di martello. Le massacrò. Si salvo il figlio maggiore, Nicolò, 24 anni, che fu gravemente ferito ma riuscì a sopravvivere. Maja sembrava avere una vita familiare serena e un'attività professionale in ascesa. Tuttavia nei giorni precedenti al delitto i suoi problemi finanziari e personali erano cresciuti in modo preoccupante. Prima dell'omicidio, aveva mostrato segni di forte depressione e preoccupazione per un possibile fallimento economico. La moglie aveva tentato di aiutarlo, ma senza successo. La comunità di Samarate, un piccolo comune in provincia di Varese, rimase profondamente sotto shock, incredula, allibita davanti alla strage.
Il giorno prima della strage, Maja si era seduto sul letto della figlia Giulia per scusarsi, un gesto che ha assunto un significato inquietante alla luce degli eventi successivi. Nella notte fatale, ha attaccato prima sua moglie e poi sua figlia, prima di rivolgersi a Nicolò. Un'autentica furia. Dopo un lungo processo, la Corte d'Assise di Busto Arsizio ha condannato Alessandro Maja all'ergastolo e a 18 mesi di isolamento diurno. La sentenza è stata emessa il 21 luglio 2023 e ha accolto le richieste della Procura per il duplice omicidio e il tentato omicidio.
Oltre alla condanna penale, Alessandro Maja è stato condannato a risarcire il figlio Nicolò con 900.000 euro per danni biologici e ulteriori 200.000 euro per danni morali a ciascuna delle quattro parti civili coinvolte nel processo. Durante il processo, Nicolò Maja espresse il suo desiderio di giustizia, affermando: "È giusto così" e dichiarò che non perdonerà mai suo padre. Il giovane ha intrapreso un percorso di recupero dopo l'incidente. Lavora in un'azienda aeronautica ed è attivamente coinvolto in progetti teatrali che lo aiutano a elaborare il trauma subito. La sua storia rappresenta una testimonianza della resilienza umana di fronte a tragedie inimmaginabili. L'ergastolo è stato confermato dalla Corte d'Assise d'Appello di Milano. In aula ha dichiarato: "Ho cancellato la mia famiglia a causa di un mio soffrire emotivo, restando solo. Mi aspetto una pena, la più alta. Confido nel perdono di Gesù determinato dal mio pentimento". Dopo la strage aveva urlato: "Li ho ammazzati tutti, bastardi".
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