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Colazione

Scuola, merende spazzatura negli zaini dei bambini. Un alunno su quattro è obeso o sovrappeso

Julie Mary Marini

16 Settembre 2025, 05:47

cibo

Torppo cibo spazzatura per i bambini

I bambini toscani sono tornati a riempire le aule delle scuole. I loro zaini colorati che portano sulle spalle non contengono solo penne, quaderni e libri di testo. Dentro, nascosto tra i diari e i compiti delle vacanze, c’è un fardello invisibile: quello delle cattive abitudini alimentari. Merendine ipercaloriche, patatine, snack industriali, bibite zuccherate. È questa la “compagnia” quotidiana di due bambini su tre, un’abitudine che rischia di ipotecare la loro crescita armonica e la loro salute futura. Non si tratta di un dettaglio trascurabile, ma di un vero e proprio allarme sanitario che attraversa la società, perché l’obesità infantile non è più un fenomeno sporadico ma un’emergenza strutturale.

La mattina a scuola dovrebbe cominciare con una merenda che ricarichi di energia e favorisca concentrazione e benessere. E invece, sempre più spesso, ciò che viene messo nello zaino è un compromesso rapido e indolore: un pacchetto colorato acquistato al supermercato, un biscotto preconfezionato, una bevanda gassata. È più comodo, meno conflittuale, più accettabile agli occhi dei bambini rispetto a una mela o a un panino semplice. Eppure le conseguenze di questa scorciatoia quotidiana sono pesanti: in Toscana un alunno su quattro è già in sovrappeso o obeso, e quasi un terzo (32,6%) esce di casa senza aver fatto una colazione adeguata. Ancora più allarmante è il dato legato al consumo di frutta e verdura: solo il 5,1% dei bambini raggiunge le cinque porzioni raccomandate ogni giorno, mentre quasi un quarto non ne consuma affatto. La verdura è un tabù per un bambino su cinque, i legumi non entrano mai nei piatti del 42,5%. Numeri che raccontano non solo un disamore alimentare, ma anche un rischio sanitario che si traduce in costi per l’intera collettività: 289 euro l’anno a testa, il prezzo sociale e sanitario del sovrappeso.

In questo scenario, a Firenze, al mercato di Porta San Frediano, Coldiretti Toscana e le cuoche di Campagna Amica hanno deciso di alzare la voce con un gesto concreto: proporre le merende salva-salute. Non un semplice evento, ma un invito a genitori e nonni a riscoprire la semplicità del cibo genuino. Qui sono comparsi i “rompidigiuno” di un tempo: pane e marmellata, pane e miele, pane e formaggio, yogurt senza zuccheri aggiunti, crostate di frutta, verdure di stagione preparate in modo creativo, frutta disidratata. Tutte alternative che hanno la forza della tradizione e il vantaggio della naturalezza. Perché una merenda non è solo uno spuntino, ma un atto educativo. Michela Nieri, delegata Donne Coldiretti Toscana, ha messo in guardia su un dato tanto banale quanto sconvolgente: “Oggi le merendine confezionate possono contenere anche venti ingredienti diversi, tra additivi, conservanti, zuccheri, grassi. Non sono adatte a nessuno, tantomeno ai bambini che sono i consumatori più vulnerabili. Obesità infantile, problemi metabolici, respiratori e cardiovascolari sono collegati in modo diretto a questi prodotti”. E ancora: “La colazione e la merenda sono due momenti chiave della giornata. Non sono accessori, non sono riempitivi: sono scelte che determinano il futuro della salute dei nostri figli”.

Ma il problema non riguarda solo ciò che i genitori mettono nello zaino. Anche le scuole stesse, attraverso i distributori automatici, offrono raramente alternative salutari. La frutta fresca è presente appena nel 4,2% dei casi, i succhi di frutta 100% nel 12,5%. Molto più facile trovare snack dolci (50%) o salati (45,8%). Una contraddizione evidente con i principi di educazione alimentare che dovrebbero orientare l’ambiente scolastico. Il tema, tuttavia, non si ferma alla denuncia. Coldiretti Toscana ha scelto di intervenire anche dentro le scuole, portando i contadini in cattedra. Con il progetto “Lo sviluppo sostenibile e l’educazione alimentare”, negli ultimi due anni oltre 60mila alunni hanno partecipato a lezioni, laboratori e visite nelle aziende agricole. Hanno visto come nasce il latte, come si coltivano frutta e verdura, cosa significa stagionalità, perché la dieta mediterranea è più di uno slogan: è un patrimonio culturale e una medicina quotidiana. Il contatto diretto con chi produce diventa così un antidoto culturale all’omologazione del cibo industriale. La posta in gioco non è solo il benessere individuale, ma la salute pubblica. Lo sa bene l’80% dei genitori toscani che, secondo un rapporto Censis-Coldiretti, chiede un piano nazionale per proteggere i figli dall’invasione degli alimenti ultra-processati. Lo sa anche quasi la metà delle famiglie (48%), che ammette come i bambini, appena possono, scelgano istintivamente cibi confezionati. Segno che il problema non si risolve con divieti calati dall’alto, ma con un lavoro paziente di educazione e condivisione.

“La Toscana, pur avendo dati migliori rispetto al resto del Paese, deve tenere alta la guardia – ammonisce ancora Michela Nieri – Non possiamo abbassare la soglia di attenzione. Dobbiamo tornare a mangiare semplice, stagionale, genuino. Dobbiamo riappropriarci della nostra dieta mediterranea, che è insieme cultura e prevenzione. La salute nasce a tavola”. E forse è proprio qui il senso più profondo dell’iniziativa fiorentina: trasformare la merenda, gesto quotidiano e apparentemente banale, in un atto di resistenza civile. Resistenza alla pigrizia, al marketing, alla cultura dell’usa e getta che domina il mondo alimentare. Ogni mela messa nello zaino al posto di una merendina è un mattone tolto al muro dell’obesità infantile. Ogni fetta di crostata fatta in casa è un investimento in salute futura. Ogni bicchiere di latte o spremuta al posto di una bibita gassata è una scelta che restituisce ai bambini il diritto di crescere forti, sani e consapevoli.

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