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I 40 anni del Corriere

Patrizio Bertelli ieri oggi e domani, dalle cinture all'epopea Prada. Al top mondiale del lusso ma con Arezzo nel cuore

Luca Serafini

29 Luglio 2025, 06:30

Patrizio Bertelli

Patrizio Bertelli

Quando nel 1985 nasce il Corriere Aretino, destinato poi a diventare Corriere di Arezzo, la parola Prada non è ancora sinonimo universalmente riconosciuto di lusso, moda, lavoro. In quei tempi Miuccia e Patrizio Bertelli sono impegnati a proiettare nel mondo intero la loro proposta innovativa e chic: esce la celebre e rivoluzionaria borsa in nylon - materiale insolito nella moda di lusso - e nulla sarà più come prima.

Lei creativa, lui mente finanziaria e industriale. Insieme visionari interpreti di un made in Italy mai visto per il quale oggi operano 17 mila dipendenti, di cui 3 mila nell’Aretino, con 4,7 miliardi di fatturato, 600 negozi in 70 Paesi.

Sfogliando le annate del Corriere, dagli insediamenti produttivi in Valdarno, che diventa distretto della pelle, e un po' ovunque fino alle sfilate di moda; dalle preziose boutique nelle metropoli alle imprese veliche; dal Diavolo veste Prada alla recente acquisizione di Versace, è un racconto entusiasmante dell’evoluzione del colosso planetario con cuore e mente ad Arezzo.

Nato vicino a Piazza Grande il 6 aprile 1946, colui che sarebbe diventato un businessman del ristretto circolo dei “paperoni” mondiali, ma anche l’uomo di Luna Rossa, il cavaliere del lavoro nominato lo scorso maggio dal presidente Mattarella, il rivitalizzatore dell’area ex Lebole ad Arezzo, ha cominciato l’avventura imprenditoriale nel 1967 con le cinture in cuoio della Sir Robert. Poi i Pellettieri d’Italia. Esperienze più che formative.

Nel 1977 a Milano l’incontro con la nipote di Mario Prada (fondatore nel 1913 del negozio esclusivo di pelletteria ed accessori) che fa scoccare la scintilla.

Con Miuccia è lavoro e sentimento. Sintonia. Soci e coniugi. Genitori di Lorenzo e Giulio. Generatori di uno stile che un po' alla volta si fa largo e conquista mercati nel globo.

Dalla produzione alla commercializzazione, un’impronta che lascia il segno.

Qualità. Boutique realizzate avvalendosi dei migliori architetti dove beni di lusso, tecnologia, design si fondono mirabilmente. Abbigliamento prêt-à-porter, scarpe, occhiali, profumi e accessori.

Nel 2011 la quotazione alla Borsa di Hong Kong.

Un’ascesa inarrestabile per Bertelli, con i marchi Prada, Miu Miu, Church’s, Car Shoes. Senza perdere mai il legame forte, anzi viscerale, con le radici, la sua terra, la sua città e le vallate circostanti.

Quindi le unità produttive distribuite in Italia sì, ma tenendo in primo piano Levanella, Arezzo, la Valdichiana. Posti di lavoro, indotto, e una filosofia del rapporto azienda-dipendente moderna, evoluta, partecipativa. Relazioni sindacali modello. Premi di produzione a chi fa bene, comfort, stimoli.

E poi le cronache del Corriere di questi decenni hanno raccontato, sempre di più, dell’adesione e del sostegno di Bertelli alla città, per quanto defilato e poco disposto alla vita pubblica, nel suo pendolarismo tra Milano - Mulinelli e il mondo.

L’operazione Caffè dei Costanti, acquisito in attesa di offrire la migliora gestione possibile ad un locale storico tanto bello quanto complicato da condurre, il milione donato per il restauro della Pieve di Santa Maria, che era la sua chiesa parrocchiale da bambino, ma anche la Buca di San Francesco, ristorante dei vip rilanciato, o la Capannaccia.

Ma anche palazzo Crbonati che diventerà residence di lusso incastonato nel centro storico che necessita di strutture top. Un’attenzione genuina, schietta e spontanea, che si è espressa anche con il salvataggio dell’edicola di piazza San Jacopo o con il supporto alla causa di Porta Crucifera, suo quartiere, per arrivare a ciò in cui tutti speravano: l’acquisizione (8 milioni) dell’area ex Lebole dove se non fosse arrivato lui nulla si sarebbe mosso.

E ora tutti lì nei mass media e tra gli osservatori, a tentare di pronosticare parchi, progetti, opere che conosce solo Bertelli, mister Prada, l’interprete del lusso che diventa cultura, più avanti di tutti nella visione del futuro. Con il vento in poppa.

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