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Importazioni

La frutta straniera nelle scuole italiane: il paradosso europeo nel programma della sana alimentazione. Un cazzotto alla filosofia chilometri zero

La protesta dei lettori dopo la vicenda dell'uva dall'India: le contraddizioni delle politiche firmate dall'Ue

Giuseppe Silvestri

07 Giugno 2025, 12:49

Mirtilli

I mirtilli e l'etichetta della fornitura in questione

Non solo l'uva dell'India negli scaffali dei supermercati italiani e l'import dell'ortofrutta fresca che per la prima volta supera le esportazioni, ci sono anche i mirtilli spagnoli per gli italiani più piccoli: i bambini delle scuole. La segnalazione arriva da un attento lettore dopo il servizio delle scorse settimane sull'importazione di frutta. 

"Ho visto, confezioni di mirtilli marchiati Ministero delle risorse agricole e forestali, destinati alle scuole (programma di frutta e verdura nelle scuole 2024/2025, pertanto non commerciabili), ma sono di origine non italiana, Origine Spagna. Cioè se ci fa strano che un soggetto privato (supermercato) acquisti frutta fuori stagione all'estero, non ci sembra strano che il Ministero dell'agricoltura acquisti frutta di stagione all'estero, per di più destinata al consumo nelle scuole? E non è un caso isolato".


Mirtilli dalla Spagna nelle scuole italiane

La verità è che tra l'uva che arriva dall'India e i mirtilli spagnoli - solo due esempi tra i tanti - la filiera agricola tricolore è sempre più in difficoltà, in alcuni casi allo stremo. Mentre l’Italia si vanta del suo patrimonio agricolo, tra fiere, slogan e campagne pubblicitarie sul Made in Italy, la realtà sembra essere quella di un Paese sempre più in difficoltà. Da un lato si predica la valorizzazione della stagionalità e della filiera corta, si parla di sostenibilità, di prodotti Dop, Igp e biologici, dall’altro si importano frutti che potrebbero essere raccolti a pochi chilometri dalle scuole, ma che invece arrivano da oltreconfine, magari dopo aver attraversato mezza Europa. Almeno il 20% dei prodotti dovrebbe essere locale, ma la realtà racconta di forniture che spesso privilegiano l’importazione, anche quando la stagione e il territorio offrirebbero alternative nostrane.

E così c’è chi invoca la difesa del Made in Italy, ma finisce per alimentare - magari involontariamente - la concorrenza estera, invece di difendere la filiera nostrana. È la doppia morale di un Paese che si indigna solo a metà, che difende la propria agricoltura in maniera decisa a parole, ma che ma che spesso finisce per contribuire a sacrificarla sull'altare della globalizzazione. Passeggiando in un qualsiasi supermercato italiano, non solo ci si imbatte nelle confezioni dell'uva provenienti dall’India, fresca, lucente e invitante, ma raccolta chissà da quanti giorni. Si trovano tra gli scaffali anche i pomodori dall'Olanda o le cipolle dal Sudafrica. Un retrogusto amaro. Una domanda sorge spontanea: chi tutela davvero l’agricoltura italiana? Chi difende i nostri produttori, la nostra economia, la nostra salute? 

Viene spontaneo chiedersi, ma come mai Ministero delle Risorse Agricole acquista frutta di stagione dall’estero per le scuole italiane? Niente di strano: aderisce a un programma europeo di distribuzione gratuita di frutta e verdura nelle scuole, volto a promuovere una sana alimentazione tra i bambini e a combattere l’obesità infantile. Questo programma, finanziato in parte dall’Unione Europea, prevede la fornitura di prodotti freschi, ma non sempre riesce a privilegiare esclusivamente la produzione locale italiana per motivi logistici, di costi e di approvvigionamentoInoltre, nonostante il programma incoraggi l’uso di prodotti locali, la normativa non sempre impone vincoli stringenti sull’origine della frutta e le Regioni italiane hanno segnalato al Ministero difficoltà nel far rispettare queste indicazioni, con conseguente prevalenza di prodotti importati. Una situazione paradossale in cui, mentre si promuove la filiera corta e il Made in Italy, nelle scuole si consumano frutti provenienti dall’estero, anche se stagionali, a scapito dei produttori italiani e dell'ambiente, visto che per arrivare dalla Spagna i mirtilli inquinano senza dubbio più di prodotti a chilometri zero.

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