I ricordi
Gianluigi Basilietti ha iniziato la sua carriera al Corriere di Arezzo
Il Corriere di Arezzo compie quarant’anni, un traguardo che testimonia la centralità di questo quotidiano nella vita della città e della sua provincia. Per quattro decenni, il giornale ha raccontato ogni sfumatura del territorio: dalle trasformazioni economiche, con il distretto orafo simbolo d’eccellenza, alle vicende politiche e sociali che hanno segnato la comunità, passando per la cronaca, la cultura, lo sport e le storie di chi rende unica questa terra. E’ stato e continua ad essere un punto di riferimento per i lettori, un osservatorio privilegiato sui cambiamenti e le sfide di Arezzo e della sua gente. Entrare a far parte di questa storia, anche solo per un breve periodo, è stato un onore e un’esperienza indelebile per chi, come me, ha avuto la fortuna di vivere quei mesi nella redazione del Corriere.
Era l’8 gennaio del 2001 quando iniziai il mio percorso. Dopo anni di collaborazioni e telecronache sportive, arrivavo nella mia prima vera redazione di un quotidiano di carta stampata. Non ero destinato inizialmente ad Arezzo: il piano prevedeva il mio inserimento nella redazione di Perugia, ma all’ultimo momento fui dirottato verso questa città che conoscevo appena. Quell’inizio fu un misto di emozioni: da una parte la gioia di coronare il sogno di lavorare in pianta stabile in redazione e da praticante giornalista, dall’altra lo spaesamento di trovarmi in un ambiente nuovo, con colleghi che non conoscevo e con un territorio tutto da scoprire. Ma bastò poco per capire che ero capitato in un luogo straordinario, circondato da persone di altissimo livello.
La visita ad Arezzo del presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi
Sin dai primi giorni, mi trovai a confrontarmi con figure che avrebbero lasciato un segno indelebile nella mia formazione. Il caposervizio di allora, Federico Sciurpa, era un maestro autentico: esigente, rigoroso, a tratti severo, ma capace di insegnare il mestiere con una precisione e una dedizione oggi sempre più rare. Accanto a lui c’era una squadra di colleghi incredibili: Luca Serafini, uno dei migliori cronisti di nera e giudiziaria che abbia mai conosciuto; Francesca Muzzi, la donna del calcio e dello sport, con una competenza straordinaria; Gigi Alberti, profondo conoscitore della politica locale. E poi Sonia Fardelli e AnnaMaria Verdinelli, due professioniste eccezionali che lavoravano dietro le quinte ma con una passione e una precisione encomiabili. Ricordo ancora con dolore AnnaMaria - donna di una dolcezza infinita - che ci lasciò troppo presto, colpita da un male incurabile.
Ma il cuore pulsante del Corriere di Arezzo non si fermava alla redazione centrale. C’era il contributo fondamentale dei corrispondenti dai territori, giornalisti che conoscevano ogni dettaglio dei loro comuni e che con passione e dedizione garantivano una copertura capillare delle notizie. Le loro cronache locali, raccontate con competenza e rispetto, erano il vero tessuto connettivo tra il giornale e il territorio, dando voce anche alle realtà più piccole. E non posso dimenticare il lavoro silenzioso ma essenziale dei poligrafici, veri artigiani della stampa, che garantivano che ogni giorno il Corriere arrivasse puntualmente nelle mani dei lettori. Con la loro precisione e la loro maestria tecnica, erano il ponte tra le parole dei giornalisti e la carta stampata.
I primi mesi furono tutt’altro che semplici. Non ero abituato ai ritmi frenetici, alle scadenze continue, al rigore richiesto in una redazione di professionisti. Ogni giorno era una lezione, una scoperta. Mi trovai a lavorare con colleghi che conoscevano ogni angolo del territorio, che sapevano raccontare la provincia di Arezzo con una profondità e una competenza che raramente ho visto altrove. Quella redazione era una scuola di giornalismo vivente, un luogo dove si imparava non solo a scrivere, ma anche a interpretare il mestiere con passione, rigore e rispetto.
Tra i ricordi più vividi di quei mesi c’è la visita del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in occasione dell’inaugurazione dei lavori di restauro del Crocifisso di Cimabue. Seguii l’intera giornata, raccontando ogni dettaglio di un evento che per la prima volta mi portava fuori dalla cronaca locale, a misurarmi con qualcosa di più grande. Fu un banco di prova importante, che mi riempì di orgoglio e che segnò un punto di svolta nel mio percorso. E poi c’era la città di Arezzo, che imparai a conoscere e ad amare. Arrivato quasi per caso, mi trovai immerso in un territorio affascinante, con le sue dinamiche economiche, politiche e sociali uniche. Era un mondo vivo e pulsante, che mi insegnò tanto e che mi regalò incontri straordinari, come quello con monsignor Gualtiero Bassetti, allora vescovo di Arezzo, con cui avrei mantenuto un rapporto di amicizia negli anni successivi.
Il 25 giugno 2001 lasciai il Corriere di Arezzo per il mio trasferimento al Corriere di Viterbo, una decisione dell’editore che accettai con il cuore pesante. Mi ero ambientato, avevo trovato il mio posto in quella redazione, e lasciare fu difficile, soprattutto perché in quei mesi AnnaMaria si era ammalata gravemente. Sentivo il bisogno di restare, di dare una mano, di essere vicino a quel gruppo di colleghi straordinari che mi aveva accolto e insegnato tanto. Quei sei mesi ad Arezzo furono brevi, ma intensi. Mi insegnarono il valore della precisione, del rigore e dell’etica professionale. Mi fecero capire cosa significasse davvero essere un giornalista professionista, al di là della tecnica e delle competenze. Mi lasciarono un patrimonio umano e professionale che porto ancora oggi con me. Adesso, il Corriere di Arezzo festeggia i suoi quarant’anni, un traguardo straordinario che testimonia la forza e la resilienza di un progetto editoriale nato per raccontare una città e il suo territorio. Non ho dubbi che la sua storia continuerà ancora a lungo, scritta dalle mani e dalla passione di chi oggi porta avanti quell’eredità. Buon compleanno, Corriere di Arezzo, e grazie per avermi dato così tanto.
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